Con la scoperta e la conquista del fuoco il livello di vita degli uomini scimmia si elevò notevolmente, laddove prima era alquanto modesto: dovevano rifugiarsi sugli alberi ad ogni pericolo e si dovevano nutrire di bacche, radici e noci, potendo incrementare la loro razione di proteine solo con bruchi e larve(!).
Ciò che, invece, avrebbero mangiato volentieri era la carne disponibile nelle praterie: carne di bisonte, bufalo, antilope, gazzella, zebra, cavallo: di animali, purtroppo, a quattro zampe difficili da rincorrere stando in equilibrio su due.
Così i nostri antenati, pur sognando succulente bisteccone, dovettero iniziare dal gradino più basso: scoiattoli, procavie e piccoli roditori che si potevano stecchire con una sassata.
Il cammino per diventare carnivori da vegetariani-frugivori non fu esente da difficoltà e dolori (di stomaco, ad esempio). Anche allora esistevano delle regole educative da rispettare (il piccino che si azzardava a dire “il rospo non mi piace” rischiava scapaccioni). Inoltre, a differenza dei veri predatori (grandi felini, lupi, cani, coccodrilli) che sbranavano le prede, gli ominidi dovevano masticare, pena un gran mal di pancia.
Talvolta, da cacciatori, gli ominidi diventavano prede: il segreto era capire quando il leone avesse fame (tanto volte il mero seguire un leone a caccia faceva venire a quest’ultimo la voglia di mangiare il nostro povero uomo scimmia).
Lewis ci narra gli sviluppi delle antiche vicende, lasciando che a parlare siano proprio loro, gli ominidi: Ernest, il narratore, papà Edward, zio Vania, zio Ian, Oswald, Griselda, Petronilla, eccetera: delle nuove invenzioni, della scoperta del fuoco, della lancia, del matrimonio, della pittura parietale e, naturalmente, della cottura del cibo, dandoci un quadro arguto e simpatico di come iniziò la nostra storia.
(Letteratura Gastronomica)
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